Il Burn Out nello sport giovanile

E’ ampiamente riconosciuto come lo sport organizzato giochi un ruolo importante nello sviluppo psicofisico dei bambini e dei ragazzi. La pratica sportiva in età giovanile viene valorizzata per i numerosi effetti positivi che ne conseguono: miglioramento della forza muscolare, della resistenza, della flessibilità e dello sviluppo delle capacità motorie. Inoltre lo sport permette ai giovani di affrontare nuove sfide, di aumentare la propria autostima e il benessere personale. Nonostante i numerosi vantaggi nello svolgere uno sport, si registra in Italia, da diversi anni, una diminuzione della pratica sportiva in età giovanile con una percentuale maggiore tra le ragazze e nella fascia d’età 18-19 anni. I motivi che stanno dietro all’abbandono, definito dropout, sono diversi e possono essere sia individuali che situazionali. Ad esempio la difficoltà a conciliare la scuola e lo sport viene evidenziata come una delle cause principali, così come il disaccordo con l’allenatore, il poco divertimento, il rischio di infortuni, la scarsa percezione di competenza, l’influenza di atre persone (genitori e compagni) e la scarsa opportunità di successo. Una delle situazioni che possono rendere la pratica dell’attività sportiva molto faticosa è quella del burnout, caratterizzato da esaurimento psicofisico, ridotto senso di realizzazione personale, svalorizzazione dello sport. Generalmente si manifesta in atleti che si allenano da molto tempo, con un impegno agonistico intenso, ma le ricerche hanno evidenziato come il burnout possa diventare una problematica anche di atleti giovani. Una delle teorie che fa da sfondo alle ricerche sul burnout è l’Achievement Goal Theory di Duda e Hall (2001) che suggerisce come la motivazione a praticare sport non dipenda solo da caratteristiche personali, ma anche dalla situazione e, in particolare, da come gli adulti significativi (allenatori e genitori) influenzino le motivazioni degli atleti. In particolare il clima motivazionale che gli allenatori possono generare può essere orientato sulla competenza (quando l’attenzione degli allenatori è orientata allo sviluppo delle abilità e ai miglioramenti personali) o sulla prestazione (quando l’attenzione è dedicata soprattutto agli atleti migliori, si rimprovera per gli errori commessi e si stimola la competizione all’interno del gruppo). Le ricerche mettono in evidenza come ci sia una correlazione positiva tra una clima motivazionale orientato alla prestazione e sintomi di esaurimento psico-fisico. Anche caratteristiche personali possono influire sul burnout. E’ stato studiato come la capacità di resilienza e il perfezionismo siano collegate a questo fenomeno. Per resilienza si intende la capacità di resistere e di non arrendersi fronteggiando con successo il cambiamento, gli eventi critici e le difficoltà. Spesso è associata a fiducia in sé stessi, a capacità di concentrazione, impegno, tolleranza alla frustrazione. Nello sport la resilienza viene vista come la capacità degli atleti di sostenere carichi di allenamento impegnativi, di affrontare lo stress delle competizioni, di gestire stati emozionali spiacevoli e recuperare la forma dopo un infortunio. Recenti studi hanno ipotizzato un ruolo protettivo della resilienza nei confronti del burnout. L’altra caratteristica è il perfezionismo, definito come un comportamento volto a ricercare, anche in modo compulsivo, standard elevati di prestazione; come la tendenza a impegnarsi oltre misura senza una critica valutazione del proprio impegno. Quando il perfezionismo determina una forte autocritica, uno stile del pensiero ruminativo (pensare e ripensare in modo esagerato alle stesse cose), un’attenzione all’inadeguatezza personale, allora può determinare un calo motivazionale e vulnerabilità al burnout. In sintesi risulta essere fondamentale il ruolo ricoperto dalle figure di riferimento del giovane atleta, i genitori e gli allenatori, al fine di creare un clima motivazionale più orientato alla competenza. Un lavoro importante è svolto anche dallo psicologo dello sport (che dovrebbe far parte del team sportivo) che lavora con l’atleta per il miglioramento della fiducia in sé e per il fronteggiamento di eventi critici durante la carriera agonistica. (Per leggere l’articolo completo e vedere la bibliografia: GIPS, numero 21 settembre/dicembre 2014) Dott.ssa Valentina Scimone Psicologa dello sport e dell’esercizio